In principio fu la Lancia

7srdy9scIl Cav. Giuseppe Lancia è un facoltoso industriale della carne. Suo è il brevetto depositato per il bue arrosto in scatola, alimenti per militari. È la prima carne al mondo distribuita in scatola.
In estate vive con tutta la famiglia, moglie e i quattro figli, in alta Val Sesia, in una villetta a Fobello, alla Montà. L’inverno invece lo passa a Torino in corso Vittorio Emanuele. Sotto casa c’è l’officina dei fratelli Ceirano.
È il 24 agosto 1881 quanto il cannoncino situato nella villa di famiglia annuncia, con i suoi spari a salve, la nascita di Vincenzo. Il ragazzo cresce bene, robusto e vivace. A scuola va bene ma è sempre dannatamente svogliato.
Il Cav.Lancia può permettersi di far studiare i tre figli maschi e la figlia femmina. Il suo progetto è quello di garantire loro un lavoro decoroso e redditizio e, secondo i suoi piani, il figlio Vincenzo diventerà avvocato. Quando però vede il ragazzo perdere tempo con altre attività e talvolta saltare scuola per dedicarsi ad altro, si spazientisce e lo manda in collegio. Vorrebbe vederlo almeno ragioniere se non proprio avvocato. Ma anche con questa costrizione poco cambia. A scuola Censin Vincenzo sa distinguersi solo in poche situazioni. Una volta, ad esempio, fa vedere a tutti come si va in bicicletta sbalordendoli per come, col suo corpo robusto, riesce ad essere agile sul velocipede. Terminate le sue evoluzioni spiega ai compagni nel dettaglio il funzionamento meccanico di questo mezzo. Ma poco c’è da meravigliarsi per queste sue cognizioni tecniche.
Nei mesi invernali Censin passa ore e ore nell’officina dei Ceirano dove costruiscono e riparano biciclette Welleyes. Se inizialmente si limita a presenziare e a guardare, ben presto diventa un abile aiutante. Le sue cognizioni meccaniche si fanno man mano sempre più approfondite anche perché, vista la sua abilità di ciclista, assume il ruolo di collaudatore dei mezzi.
Tutto questo avviene senza il consenso da parte del Cav. Giuseppe Lancia. Il sogno di vedere il figlio quantomeno ragioniere precipita inesorabilmente quando i Fratelli Ceirano decidono di occuparsi anche di automobili. Le ore di Vincenzo sottratte allo studio diventano troppe facendo disperare il padre. Il discolo riesce a convincere quest’ultimo ad interrompere gli studi per essere assunto in officina. I Ceirano sono ben felici di questa possibilità, il ragazzo è già un bravo aiutante e la volontà di crescere e di imparare gli si legge negli occhi brillanti. L’autorevolezza del Cav. Lancia gli fa ottenere solo una condizione: che Vincenzo venga assunto come contabile. Non vuole assolutamente compromettere la dignità della famiglia avendo un figlio impiegato come garzone.20150514_00002_001
Passano gli anni e Vincenzo arricchisce le sue conoscenze diventando uno stimato tecnico dell’automobile. Nel 1899 la Ceirano viene ceduta alla Fiat per 30.000 lire che acquisisce anche i brevetti della Welleyes, i quali diedero il nome, oltre che alle biciclette, anche alle vetture. Giovanni Agnelli conosce la fama di giovane volenteroso e bravo collaudatore di Vincenzo Lancia e lo vuole con sé in Fiat. Vincenzo ben presto sa dimostrare di cosa è capace e viene eletto capo collaudatore. Tanta è la confidenza e la duttilità con cui si adatta ad ogni nuovo modello che collauda che emerge anche la sua abilità nella guida.
La sua competenza e capacità è ben riconosciuta da Agnelli che sceglie Vincenzo Lancia come pilota di punta quando, per motivi commerciali, entra nel mondo delle competizioni con le sue Fiat.
Censin disputa la sua prima corsa a Padova il 1° luglio 1900 vincendo agevolmente la 220 km di corsa di resistenza a bordo di una Fiat 6HP stabilendo il giorno successivo anche il record di 10 km alla media di 58,743 km/h. Da qui in avanti la carriera di Vincenzo Lancia pilota sarà costellata di grandi successi sia in Italia che all’estero. Nel 1902 vince la corsa di Conegliano sui minimi consumi dimostrando oltre che grande competitività, anche grande sensibilità nella guida.
Da finissimo collaudatore e pilota di successo Censin Vincenzo Lancia è diventato uomo chiave della Fiat. Ognuno fa capo a lui per ogni esigenza e lui per tutti ha un consiglio valido da elargire. Guadagna bene e fa il lavoro dei suoi sogni. Chissà che genere di avvocato o ragioniere sarebbe diventato se avesse assecondato i desideri del Cav. Lancia…
Vivere fra i motori lo appaga e gli dona prestigio a livello sportivo. Dopo il lavoro riesce a coltivare un’altra passione: la musica. Va all’opera ed ai concerti e per diletto canta da tenore accompagnato al pianoforte da qualche collega.
Nel 1902 la Fiat gli affianca un altro collaudatore in modo da alleggerirgli il lavoro e permettergli di dedicarsi maggiormente alle corse: Claudio Fogolin. Fin da subito nasce una bella intesa: i due diventano amici e colleghi inseparabili. Il team, con l’arrivo di qualche altro valido componente, diviene molto affiatato, tanto che di giorno in giorno cresce il desiderio di mettersi in proprio.
Finalmente il 27 novembre del 1906, di comune accordo con Giovanni Agnelli, Vincenzo lascia la Fiat per far nascere con Claudio Fogolin la Lancia & C.
20150514_00002_002A 25 anni Censin è un uomo realizzato ed è a capo di un’azienda. Godendo ancora della piena stima di Giovanni Agnelli, egli cura tutta la parte pratica e logistica lasciando a Fogolin l’incarico di seguire la parte contabile, burocratica, amministrativa e commerciale. Passa le giornate disegnando, progettando, costruendo, modificando e collaudando.
Vincenzo Lancia è riconoscente alla Fiat per il sostentamento morale e finanziario e quindi ripaga la stima continuando a correre per la Casa di Agnelli. L’esordio con una vettura da lui stesso prodotta avviene solo il 5 aprile del 1908, e vince subito la Padova-Bovolenta. Correrà ancora per altri due anni prima di ritirarsi a vita da responsabile e rigido imprenditore.
I rapporti con Agnelli sono sempre buoni. Gli ideali di Lancia non sono in contrasto con quelli della Fiat. Vincenzo non è interessato a fare concorrenza alla Casa di Agnelli. Vuole realizzare macchine nuove, diverse, perfette, eccellenti e potenti. Non è interessato ai numeri ma vuole soddisfare il cliente con l’eccellenza, il prestigio e l’assistenza. Nel tempo gli verranno assegnati tanti titoli di riconoscenza per il suo lavoro, ma rimarrà sempre con i piedi ben piantati per terra.
Tanto ligio e pretenzioso è in fabbrica, quanto buono e generoso è appena terminato il lavoro. Aiuta i bisognosi e passa il tempo nel gioco con i suoi dipendenti non disdegnando frequenti brindisi alla vita. Il giovane “contabile per proforma” è diventato un potente imprenditore che si impegna nel sociale costruendo per i suoi dipendenti colonie e circoli per il dopolavoro. Significativo l’episodio che racconta dello stratagemma di prelevare dal posto di lavoro il suo collaboratore e tecnico Battista Falchetto. Lo vede sull’orlo dell’esaurimento, troppo preso dai suoi impegni e dalle sue responsabilità. Con una scusa lo porta nella sua villa a Fobello affinché gli controlli una pompa e gli ordina di aspettarlo fino a quando non lo andrà a prendere lui. Ovviamente la pompa è perfettamente funzionante e Vincenzo andrà a riprenderlo solo quindici giorni dopo il forzato riposo.20150514_00002_003
Vincenzo Lancia si distingue dagli altri grandi industriali dell’automobile, come Agnelli della Fiat e Romeo dell’Alfa, per il fatto che è sempre presente in prima linea. Collauda in prima persona i suoi prototipi e non disdegna di ungersi le mani di morchia facendone comunque uscire gioielli raffinati e di qualità ben superiore di quelli di altri costruttori. La clientela si convince ad acquistare una Lancia perché, oltre ad essere molto performante, è sinonimo di raffinatezza ed eleganza. Un connubio perfetto che nessun altro marchio può garantire. Crea un servizio di assistenza efficientissimo che prevede la copertura delle spese di alloggio a Torino ed addirittura fiori per le signore nel tentativo di soddisfare a pieno il cliente per il disagio avuto in conseguenza al guasto. Gli acquisti di una vettura Lancia possono essere perfezionati solo ed esclusivamente presso la sede di Torino poiché ogni vettura viene consegnata al cliente dopo il collaudo effettuato con Vincenzo Lancia in persona.
Monsù Vincenzo Lancia dà lavoro e sostentamento a molte famiglie e tutti sono legati a lui da un profondo affetto. “Ha un cuore grande” dicono unanimemente di lui. Ma, purtroppo, quel cuore è anche malato e trascurato. Il 15 febbraio 1937, all’età di soli 56 anni, un infarto lo fa smettere di battere, per sempre.
Ai suoi figli e ai sui colleghi lascia un capitale enorme formato da progetti tecnici, brevetti e anche da grandi ambizioni. Un impero di eccellenza con modelli di vetture talmente potenti da impressionare ed impaurire i suoi stessi clienti. Il coraggioso e determinato Gianni Lancia, nella sua giovinezza, si vede catapultato in questo mondo senza la guida del padre.
Ma questa è un’altra storia.

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28 Risposte a “In principio fu la Lancia”

  1. Brava Francesca , hai la passione e la competenza che ci vogliono per allestire e gestire un sito di Lancia. Di sicuro da oggi in poi saprò dove trovare foto ed informazioni utili !!!!!
    A presto
    Luciano

  2. Ciao Francesca,
    complimenti per l’iniziativa, penso sinceramente che nessuno sia più qualificato di te, per passione e competenza, a gestire un sito di questo genere.
    grazie fin d’ora per tutto quello che farai.
    a presto 😉

  3. Complimenti Francesca proprio una bella stesura scorrevole e avvincente, metterò il tuo sito tra i preferiti e verrò spesso a curiosare e apprendere cose nuove…. Grande Lady Fulvia a presto

  4. Sicuramente una bella iniziativa per ricordare la Lancia , spero di leggere qualcosa di inedito , vista la tua acclamata competenza ciao e tanti in bocca al luogo x questa nuova impresa

  5. Francesca Carissima, ho letto con estremo interesse il Tuo scritto , non credo che ci siano parole per esprimerTi il mio consenso positivo alla Tua competenza sulla storia
    del marchio Automobilistico LANCIA che unisce tanti appassionati legandoli, quasi ad un ideale che un uomo come Vincenzo LANCIA ha saputo esprimere e magnificare anche con apporti di tanta sensibilità verso i terzi , dimostrando che tutto il Suo lavoro è stato sempre imperniato non già ad un rapporto di concorrenza nei riguardi di Altri che come Lui progettavano automobili, ma bensì nella ricerca della realizzazione tecnica del bello , dell’affidabile e sopratutto del vincente . Grazie anche a Te per questo spaccato storico che ci hai donato . Cordialmente Elio

  6. Brava brava brava. Piace molto taglio che hai dato all’articolo mettendo in risalto il lato umano del personaggio più di quello imprenditoriale. In futuro mi aspetto però una versione più tecnica della stessa storia.
    Comunque complimenti a te…
    Io mi occupo di design e se in futuro dovessi avere bisogno di aiuto sotto questo aspetto non esitare a contattarmi.
    P.p.s. anche se io ho il cuore a.l.f.a.

  7. Francesca che dire ? Si capisce subito che hai una enorme passione e ti faccio gli auguri affinchè questo sito divenga punto di riferimento non solo per gli appassionati della leggendaria Fulvia, ma anche per chi ti ha conosciuto e ti stima. Con affetto. Maurizio

  8. Buongiorno, Vorrei presentarmi: sono Lancia, nel nome di Vincenzo il mio fondatore.
    La mia è una lunga, entusiasmate storia. Pensate, sono addirittura risorta due volte nell’ultimo secolo.
    Mio padre veniva da Fobello, un piccolo paese della Valsesia, che si raggiunge dal fondovalle da una salita perigliosa degna del giro d’Italia. Fuori dal paese, su un pianoro del colle di Baranca restano le rovine della villa che portava il mio nome, un intorno di mura a cielo aperto dove si può immaginare la vita agiata di una famiglia industriale famosa per la trasformazione della carne in dadi da zuppe e scatole per l’esercito. Il mosaico dell’emblema di famiglia che coniò il mio marchio da calandra, comparve in quello che un tempo era il suntuoso atrio della villa.
    Mio padre, giovinetto, era distratto da una passione, quella delle meccaniche veloci.
    Fu subito chiaro che il giovane Censin non voleva proseguire con i sublimati di carne per fare concorrenza a Liebig, mio padre sognava la coppa Vanderbilt, Le Mans, Monza, voleva diventare un vittorioso intrepido come Ralph De Palma. Ma poi, nel confronto con gli assi temerari del volante si rese conto di non avere particolare affidabilità nel pilotaggio in competizione.
    Non volendo diventare un industriale dei sublimati, segui la sua passione per le meccaniche, in modo costruttivo, a Torino, nell’ombra di una Fiat che allora tutto costruiva, e lui tutto collaudava. Ma non si può fare dell’arte del collaudo il fine della propria vita, e nel 1906, finalmente, papà Censin si decide e mi mette al mondo, coronando il suo sogno, quello di avere una azienda sua, non di sublimati ma di automobili.
    Fin dalla mia nascita, mio padre ha sempre voluto il meglio per me.
    Quando non poteva, cercava comunque di ispirarsi al meglio, raggiungendo sempre un risultato elevato,conseguito attraverso le sue intuizioni e la sintesi delle sue conoscenze tecniche.
    Nei primi anni di vita, il mio papà decise di non sfidare il suo precedente datore, Fiat, tantomeno a Milano, l’ing. Romeo, che si ispirava ad Ettore Bugatti per le sue meccaniche veloci a 8 e 6 cilindri in linea.
    Papà Vincenzo mi immaginava parente minore, ma dignitosa, della suntuosa elite automobilistica delle reali famiglie Isotta Fraschini, Duesenberg, Rolls Royce, Hispano Suiza, Bentley e Mercedes Benz.
    Mio padre non pensava a clienti illustri come Gabriele d’Annunzio, Rodolfo Valentino, nobili, Re e Maharaja. Papà Vincenzo ambiva a quell’elite tecnica per produrre auto da offrire all’alta borghesia con caratteristiche sia sportive che lussuose, ispirandosi all’Isotta ma con prezzi più accessibili. Ed aveva ragione lui, nel ‘29 nonostante la crisi economica, la Dilambda sopravvisse e venne prodotta fino al 1935 senza aiuti governativi, a parte la fornitura alla Regia Aeronautica.
    Proseguì nella ricerca realizzando la bassa, slanciata e lussuosa Lambda. Un sublimato di tecnologie ed innovazione. Per essa Vincenzo alloggiò l’albero di trasmissione nell’abitacolo circondandolo da un tunnel e ideo’ il marchingenio della sospensione anteriore a ruote indipendenti. Per questo la Lambda era sportiva e lussuosa allo stesso tempo. Un’eleganza e una sportività, mai ostentate o azzardate, qualità raggiunte nel segno dell’innovazione, a cui papà Vincenzo non rinunciò mai.
    Ma che vita sarebbe la mia, senza sfide, senza imprese, senza i clamori delle vittorie?
    Fu Gianni, figlio di Vincenzo, il patriarca fondatore, anch’egli nato a Fobello a scatenare la mia passione sportiva.
    Le corse portano a qualcosa che non si conosce e che si deve immaginare: la ricerca.
    Gianni comincia la sua ricerca assoldando una mente elevata e di grande esperienza, Vittorio Jano.
    Nel’53 vinco la Carrera Panamericana, sono l’agile D24 con l’argentino dagli occhi di ghiaccio al volante, batto le Ferrari e il resto del mondo con quell’inedito, bilanciatissimo e compatto motore V6 esclusiva assoluta Lancia.
    Nel ‘54, sono di nuovo la sfrontata D24 rossa fuoco, quella che diventerà la Lancia dell’impresa impossibile, quella che sfreccia alla Mille Miglia sfidando la fuoriclasse a 12 cilindri di Maranello, la più amata dagli italiani, ma io ho al volante il più grande pilota italiano di tutti i tempi: Alberto Ascari.
    Ciccio è eccezionale, ma la D24 non è da meno, il V6 nel cofano è diverso da quello usato da Fangio per battere tutti sugli sterrati della Panamericana, è ultraquadro (alesaggio mm 93,00 – corsa mm 92,00) e questa volta sfiora i 3.8 litri.
    Ferrari sottovaluta la piccola Lancia, non la ritiene degna dell’assoluto.
    Si sbaglia.
    Dopo 1.600 chilometri percorsi a tutto gas, Ciccio resta incollato alle barchette a 12 cilindri da 4 litri e mezzo di Maranello per sbalordire nel misto stretto.
    Lancia è una fionda ed Ascari diventa Davide che abbatte il gigante di Maranello.
    Vittoria leggendaria quella della Mille Miglia del ‘54 perché insperata per tutti, tranne che per Ascari, Jano e Gianni Lancia.
    Jano consegna a Gianni il suo testamento, la summa di tutte le sue conoscenze la monoposto per le competizioni su pista. Mi battezzano D50 e mi presentano sfavillante ad Alberto Ascari che ammaliato, rifiuta le offerte di Enzo Ferrari.
    Occhio lungo come Fangio, Ciccio capisce che la D50 ne ha di più.
    Infatti sono veloce, anzi velocissima, stabile, maneggevole e aerodinamica grazie ai serbatoi laterali.
    Improvvisamente l’infausto destino colpisce duro, durissimo: mi toglie Ciccio, non in corsa, ma per una tragica fatalità, provando un Cavallino.
    Gianni per rispetto al grande Ascari pone termine all’impresa ed abdica definitivamente dopo aver realizzato delle irresistibili gran turismo, ancor oggi ricordate come l’Aurelia Coupe’ o la Spider de “Il sorpasso” di Risi.
    A Maranello, Ferrari, passato l’attacco di bile della sconfitta alla Mille Miglia del ‘54, deve avere quelle Lancia monoposto.
    Maranello erediterà tutte le D50 di Ciccio.
    Senza pudore a Maranello danno una pulita alle D50, staccano il marchio Lancia, applicano un cavallino rampante e danno inizio alle danze sempre con l’argentino dagli occhi di ghiaccio. Aiuto Fangio a vincere il titolo nel ‘55, l’unico mondiale in cui Fangio vincerà divertendosi.
    Poi, come oggi, aspetto.
    Aspetto fino a quando, 10 anni dopo l’ultima impresa in F1, dei ragazzacci di Torino decidono di cimentarsi in un’altra avventura sportiva: il rally.
    Divento la protagonista assoluta, mi chiamano:
    – Fulvia, la Lancia che nel 1972 sul Col de Turini con il Drago al volante batte’ le ringhiose berlinette della Normandia, le Alpine A110 e le Porsche 911 RS
    – Stratos la più stupefacente, futuristica worldrallycar di ogni tempo, anticipazione dei prototipi dei gruppi B che seguiranno
    – 037 leggera, essenziale e smontabile, imbattibile su asfalto, l’ultima trazione posteriore che batte’ le 4×4 e vinse il mondiale
    – S4 insuperata, spaventosa e geniale, un progetto innovativo e dirompente, che rompeva con il passato
    – 4wd e Integrale, l’evoluzione delle Delta e 6 titoli mondiali consecutivi, domina su tutte le strada del mondo
    Sono sempre alla ricerca di un’innovazione originale per combattere il meglio dell’ingegneria tedesca, francese, inglese e giapponese.
    E combatto magnificamente, tanto da meritarmi 11 titoli costruttori.
    A volte esagerano, mi fanno addirittura scendere in pista a sfidare Porsche nel campionato mondiale marche Gruppo 5 con la Beta Montecarlo Turbo dove vinco il titolo di gruppo nel 1979 e quello assoluto nel biennio 1980-1981.
    Lavorano per me uomini straordinari, stilisti come Piero Castagnero, Marcello Gandini, Giorgetto Giugiaro, ingegneri sopraffini come Ettore Zaccone Mina, Nicola Materazzi, Gianni Tonti, Sergio Limone e Claudio Lombardi.
    Ma è grazie ai miei piloti che devo la mia fama. Sono passati tanti anni, ma penso sempre a loro, a Felice Bonetto, ad Attilio Bettega, ad Henri Toivonen e Sergio Cresto perché sono parte di me.
    È grazie a loro che nasce il mio mito e l’affetto che tanti nel mondo mi dimostrano.
    Scrivo, perché volevo semplicemente rassicurarvi, mi sento viva più che mai, sto solo aspettando un invito per il prossimo ballo.
    Volevo solo aggiungere che sono in tanti ad aspettarmi all’apertura delle danze, pronti a spendere per riavere di nuovo l’Integrale, la Fulvia, la Stratos e l’S4 tra le mani.
    Io sono certa che saprò stupire di nuovo tutti come ho sempre fatto.
    La Vostra Lancia.

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